Giulietta, Romeo e le passioni del Sud
Il Balletto di Roma ripropone il capolavoro di Prokofiev nella coreografia di Fabrizio Monteverde. Aprirà Vignale il 23 e 24 giugno
Se non vi è bastato il titolo (Giulietta e Romeo, con i nomi ribaltati), se neppure la scenografia, costituita da un cupo e rugginoso muro metallico sullo sfondo, vi ha detto qualcosa, il primo assolo di Romeo, «la malinconia», fatto di una gestualità vibrante che gioca sul movimento della braccia e sui giri vi convincerà. Questo dramma danzato ispirato alla tragedia shakespeariana firmato da Fabrizio Monteverde per il Balletto di Roma, è una storia che ci riguarda un po’, ambientato com’è nel sud mediterraneo, intriso di passioni e crudeltà. E poi ha una forza asciutta, secca, severa, senza smancerie; è sorretto da una drammaturgia forte e una coreografia contemporanea sapiente. Creato per il Balletto di Toscana nel 1989, quando la compagnia di Cristina Bozzolini era al top di qualità artistica, ripreso successivamente dal Balletto di Roma, è stato ora riproposto al Teatro Quirino di Roma, sempre dalla compagnia romana, e nel corso del suo tour estivo aprirà il 23 e 24 giugno il Festival Vignale Monferrato.
Giulietta e Romeo perché al centro c’è lei la protagonista femminile, donna forte e volitiva pronta a lottare per la propria felicità, una ribelle. Per sottolineare la sua diversità è l’unica a cui Monteverde fa indossare le scarpette da punta. Le due famiglie invece vestono schematicamente di rosso (Montecchi) e di nero (Capuleti) e madonna Montecchi è confinata su una sedia a rotelle.
Rispetto alla versione vista trenta anni fa il coreografo sembra avere mutato ben poco, e tuttavia l’impostazione è ancora attuale e avvincente. E se la morte di Mercuzio (Raffaele Schicchitano) oggi può apparire un po’ inutilmente splatter, con quello sbocco di sangue al momento di spirare, sono indimenticabili certi colpi d’ala come l’ingresso di nobili in casa Capuleti per il ballo, sulle note della Danza dei cuscini: una camminata della dame ancheggiante così simile alle passerelle così care a Pina Bausch. Qui Prokofiev mostra il volto della sua musica sempre attuale e versatile per ogni lettura.
Pochissimi elementi scenici, se si esclude il letto per il duetto d’amore. Tutto è affidato al muro di fondo che si apre e lascia intravvedere il profilo di un balcone, per un passo a due poetico e ispirato dei giovani amanti, Azzurra Schena e Luca Pannacci. Nel tragico finale il muro si trasforma in una lugubre cripta che ospita tutte le vittime della tragedia.
lastampa.it
Sergio Trombetta – 12 maggio 2017