“Paradox”, trittico d’autore per il Balletto di Roma
Le tre coreografie firmate da Itamar Serussi Sahar e da Paolo Mangiola per il Balletto di Roma, presentati nell’unico titolo “Paradox” (prima nazionale al Teatro Verdi di Padova dopo il debutto al Belgrade Dance Festival), rivelano la crescente qualità tecnica ed espressiva, nonché la versatilità acquisita dalla compagnia nel nuovo corso avviato dal direttore artistico Roberto Casarotto.
Nella linea di una rinnovata ricerca coreografica la prova è con questi due autori, diversi nell’approccio ad un’unica tematica alla quale hanno lavorato: il concetto sulle identità di genere, un punto di osservazione sul maschile e sul femminile tra le consuetudini e i paradossi di una contemporaneità mutevole.
Paolo Mangiola (già danzatore per il Royal Ballet e, anche autore, per la Random Dance di WayneMcGregor), in “Fem” guida quattro danzatrici in pose vibranti ed esercizi discontinui del balletto accademico, per spezzarne poi le linee e i posizionamenti individuali in una dinamica spaziale tesa a manifestare in quei corpi l’esteriorità e l’interiorità, la fragilità e la forza. Da una musica incalzante, al silenzio, e sulle note di Erik Satie, si compongono e smembrano continuamente: da personalità singole in coppie e terzetti generando un flusso gestuale, rivelatore di memorie e di posture acquisite, che li allontana e li riavvicina ricomponendo sempre il quartetto con intrecci di braccia che ruotano attorno ad una delle danzatrici al centro del movimento. In questa ricerca di unità e di identità nella relazione con l’altra, la coreografia potrebbe benissimo esulare dalla tematica specifica, in quanto ha di per sé una sua coerenza compositiva e drammaturgica, una costruzione grammaticale tecnicamente ineccepibile che, nel ribaltamento dei codici classici, esalta i corpi nella loro luminosità di movimento.
Luminosità resa anche dall’essere immersi dentro uno schermo bianco, poi in una luce lunare. Sullo stesso sfondo, in controluce, si staglia il corpo di un danzatore impegnato nell’assolo di Itamar Serussi Sahar “Shyco”. Il coreografo di origine israeliana (dai trascorsi di danzatore nella Batsheva Dance Company e resident coreographer di Scapino Ballet Rotterdam) firma due titoli: “Shyco” e “Tefer”. Il primo è un potente assolo che esplora gli stati d’animo della crescita di un uomo colto nella sua emotività, vulnerabilità e forza, nella sua solitudine, frustrazione e ricerca d’amore. Con roteare di braccia, ondeggiamenti della testa, piegamenti del corpo in tutte le direzioni, gesti molleggiati poi sempre più decisi, riempie lo spazio con una tensione espressiva che lo conduce all’acquisizione della maturità e della consapevolezza.
All’insegna di una coralità guerriera, tutta al maschile, è invece “Tefer”, travolgente per fisicità e dinamismo. Sulla partitura di sonorità stravaganti – tra cui abbai di cani, clangori, rumori d’acqua – mescolate a melodie orientali, del fedelissimo compositore Richard van Kruysdijk, la coreografia nasce da un insieme di suggestioni sia musicali che visive, tra cui il fumetto degli anni Settanta, Mr. Line, l’omino che percorre una linea virtualmente infinita e di cui è anch’esso parte integrante. E su linee e traiettorie variabili si muovono i sei danzatori, in cerchio, in serie, da soli, e riconducibili sempre al gruppo, esibendo una gestualità ironicamente virile, ciondolante, che scompagina i contatti e li riassetta; quindi sempre più energica, con un ritmo incalzante che svela i contrasti di una mascolinità inattesa e scoprendo i pudori di sensibilità rimosse.
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Giuseppe Distefano – 26 ottobre 2016