Abbiamo sentito il punto di vista del coreografo, ma in Fem – all’interno della nuova produzione Paradox – protagoniste sono le quattro danzatrici, che hanno anche collaborato con Paolo Mangiola alla costruzione della coreografia. Monika Lepisto, una delle interpreti, ci porta nel clima dietro le quinte “prima di una prima”, ci racconta il lavoro in sala e ci parla di responsabilità in scena…
Come ci si prepara a una prima?
La tensione si sente, ma come dice anche il coreografo, dobbiamo mantenere la tranquillità e darci forza l’una con l’altra, in modo da non portare in scena troppa tensione. Un’eccessiva ansia da prestazione può portare non solo a errori, ma anche a un atteggiamento non giusto per il tipo di coreografia che è Fem, che si basa su una forte collaborazione tra noi.
Da un punto di vista più concreto, facciamo molte prove prima del debutto, non solo per affinare e perfezionare la coreografia, ma anche per “provare gli spazi”, per non arrivare impreparati sul palcoscenico. C’è poi sempre un momento in cui bisogna staccare la spina un pochino, liberare la mente, per poi essere pronti a dare il 100% sul palco.
Il vostro ruolo è stato anche quello di collaborare alla costruzione della coreografia con Paolo Mangiola, come avete lavorato in questo senso?
Molte volte ci dava dei task da eseguire, e da lì partiva tutta l’idea. Ad esempio: la domanda era come utilizzare delle linee o dei passi specifici della danza classica per un certo numero di battute della musica, e dal nostro modo di presentarli Paolo iniziava a intervenire per costruire la coreografia. Partivamo anche da task semplici come “immagina di danzare con un partner invisibile” e da lì siamo arrivati anche a creare quartetti.
Oltre ai suoi task, hai seguito delle tue immagini, una tua linea guida per costruire il tuo apporto alla coreografia?
Per costruire le varie parti della coreografia, seguendo i task e non solo, non mi sono ispirata a un personaggio o a una storia particolari, ho seguito i suggerimenti che man mano ci dava Paolo. Mi sono concentrata molto sul movimento, però: ogni volta penso a proiettare tutto ciò che faccio verso l’esterno, ad abitare lo spazio e a concentrarmi anche su dove poso lo sguardo, che è fondamentale in questo pezzo.
In Fem i codici e le imposizioni di un approccio classico si sgretolano via via. Qual è la tua impressione come danzatrice che conosce bene entrambi gli stili? Cosa cambia tra i due approcci?
Con questo tipo di lavoro in sala hai più autorità sul palcoscenico, ma anche molta più responsabilità. In una coreografia classica non puoi uscire troppo dai codici preimpostati: i significati dati e i passi da fare sono ben precisi! In Fem invece ci sono anche interventi di danzatrici, che non si limitano alle pose – che amo moltissimo, ho iniziato da lì! – ma sono più libere, e mettono in campo la propria personalità.