Incontro con Ada d’Adamo

“Classici” del balletto e riletture contemporanee

Immagini e racconti di storia della danza per gli allievi del Balletto di Roma

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Classici del repertorio e visioni contemporanee si confrontano oggi al Balletto di Roma nell’incontro a cura di Ada d’Adamo, studiosa di danza, autrice di saggi, articoli, rubriche radiofoniche, programmi televisivi e appuntamenti di approfondimento su danza e balletto. Per gli allievi della Scuola del Balletto di Roma un vero e proprio percorso tra immagini, parole, video e documenti d’epoca, in una prospettiva che lega i grandi titoli ottocenteschi del balletto alle riletture del Novecento e alla sperimentazione contemporanea. Uno spunto per riscoprire il valore della memoria e il senso della riproposizione dei classici, ma anche un esperimento per fornire ai giovani una visione culturale più ampia su nozioni acquisite tramite la pratica del corpo, rivelandone la nascita, il contesto storico e l’evoluzione nel tempo.

incontro-con-ada-d-adamo-001 “Ho pensato di partire dalle immagini di tre grandi titoli del repertorio classico, La Sylphide, Giselle e Il Lago dei Cigni – spiega Ada d’Adamo – per poi vederli attraverso gli occhi di artisti contemporanei, da Mats Ek a Matthew Bourne. In questo percorso per immagini ho poi cercato di legare l’idea del remake dei classici alla realtà più vicina agli allievi del Balletto di Roma, ovvero alla recente esperienza con la coreografa Francesca Pennini nello studio ispirato alla figura della ‘silfide’ e alla prossima produzione della compagnia Giselle. Un incontro in due parti, dai titoli ottocenteschi alle riletture del Novecento, ma anche un esperimento per indicare agli studenti, già quotidianamente immersi nella pratica della danza, il contesto e le motivazioni che hanno originato, per esempio, l’uso delle punte o l’en dehors

incontro-con-ada-d-adamo-003 “Questioni come il repertorio, la trasmissione e la memoria sono oggi al centro del dibattito culturale nel mondo della danza – chiarisce Ada – a differenza degli Anni Ottanta, quando l’esplosione della danza d’autore nasceva da una reazione di insofferenza nei confronti del passato e i coreografi preferivano affermare la propria individualità e linguaggi diversi. Lo stesso concetto di repertorio aveva finito per rappresentare qualcosa da cui stare alla larga. Da allora sono cambiate molte cose, la divaricazione tra classico e contemporaneo non esiste più, basti pensare al repertorio di un tempio del balletto come l’Opéra di Parigi che, già nei primi anni Novanta, aprì le porte ai coreografi contemporanei. Questo ha determinato una reciproca influenza tra classico e contemporaneo e oggi parlare di repertorio non fa più paura perché i coreografi utilizzano la tecnica, il linguaggio e la letteratura legata al balletto in maniera assolutamente personale, nello stesso modo in cui utilizzano moltissimi altri materiali”.

Dal moderno incontro tra classico e contemporaneo nasce un duplice sguardo sul repertorio: “Da una parte, il repertorio viene filtrato attraverso la sensibilità e l’esperienza dei nuovi autori e resta un bagaglio fondamentale che va necessariamente mantenuto vivo attraverso uno sguardo del presente sul passato. Dall’altra, memoria e trasmissione rientrano in una dimensione più strettamente “conservativa”, di tutela, che coinvolge questioni delicate come lo stile. Quello che i ragazzi oggi possono comprendere è che i due registri non si escludono a vicenda e che è bene conoscerli entrambi, cogliendone le differenze e tenendo presente che anche il repertorio ottocentesco è comunque frutto di stratificazioni progressive per cui la Giselle di oggi non può più essere quella del 1841. Esistono approcci autoriali più felici di altri perché è necessario che la rilettura venga sostenuta da un’idea forte dal punto di vista drammaturgico e del linguaggio del corpo; i ragazzi hanno pertanto bisogno di strumenti per imparare a conoscere e a valutare le opere contemporanee”.

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“I classici affrontano questioni che non muoiono mai – conclude Ada parlando dell’attualità del repertorio – perché si tratta di temi legati all’essere umano e alla vita, che vanno oltre le differenze generazionali. Per esempio l’idea di morire per amore, che oggi può sembrare assurda o distante da noi, si manifesta in varie forme nella cronaca e nei fatti di ogni giorno: si muore per amore di un ideale, per la libertà, per non essere riusciti a sottrarsi al ‘troppo’ amore di qualcuno, per inseguire un’immagine di sé o del proprio corpo che esiste solo nella testa o per un’idea di perfezione. Vedere tali questioni in una trasposizione teatrale e in una visione scenica può toccare profondamente ed essere una vera rivelazione per il giovane di oggi”.
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