Giselle: morire per amore (della danza)

Inauguriamo oggi la nostra serie Giovedì Giselle, un appuntamento settimanale dedicato alla protagonista della nuova produzione di Balletto di Roma. A raccontarci la scelta di questo titolo saranno di volta in volta giornalisti, critici e storici della danza. Iniziamo con un testo di Ada D’Adamo che rivela la sorprendente attualità di Giselle…

Nell’Ottocento non era inconsueto che più coreografi condividessero la paternità di un balletto, come nel caso di Giselle, le cui danze furono regolate da Jean Coralli e Jules Perrot.
Oggi, invece, appare piuttosto ardito il progetto di commissionare a due coreografi-autori – ciascuno portatore di una visione estetica, poetica, linguistica assolutamente personale – una nuova versione di Giselle, affidando loro un Atto ciascuno.
Tuttavia, almeno sulla carta, questa scelta non fa che approfondire la contrapposizione tra le due parti del balletto, già tutta presente nel libretto originario. Vita terrena e ultraterrena, mondo reale e mondo fantastico, luce e tenebre…Si potrebbe andare avanti ancora in questo gioco di giustapposizioni dal quale affiorano i temi centrali di Giselle: villaggio e castello, contadini e nobili, amore e morte, pazzia, ballo, vendetta, magia…

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Tra tutti i titoli del repertorio ottocentesco, Giselle è quello che più amo. Penso che il motivo di questa affezione – largamente condivisa – sia dovuto a una drammaturgia in cui il tema dell’amore e quello della danza sono intimamente legati: Giselle è innamorata di Albrecht, ma è anche innamorata del ballo. Sono questi due amori che la condurranno alla morte.
L’amore per Giselle spinge Hilarion sulla tomba di lei, ma il vortice della danza in cui le Villi lo attirano si trasformerà in una spirale di morte.
Eppure quello stesso amore, quella stessa danza che hanno il potere di uccidere, possono anche salvare la creatura amata. Possono redimere e guarire, come suggerisce Mats Ek nella più emozionante riscrittura novecentesca di questo balletto.

Oggi si può ancora morire per amore?
Morire per amore di un dio. Morire per amore della libertà. Morire per non essersi sottratti in tempo al troppo “amore” di qualcuno. Morire per amore di un’immagine “ideale” di sé…
Le cronache di questi nostri giorni inquieti sono lì a testimoniare l’universalità di un tema che continuamente si rinnova e che ci riguarda tutti, più di quanto immaginiamo.

Ada d’Adamo