(parte prima)
Doppio appuntamento con la stessa autrice questa settimana. Dopo la storia del balletto dello scorso giovedì, ecco una storia della critica – e non solo – attorno al mondo di Giselle, curata da Letizia Piccione-Ferrazzano, che è anche docente della Scuola del Balletto di Roma diretta da Paola Jorio. In questa prima parte scopriamo le critiche del debutto e qualche analisi dei temi e dei personaggi, nella prossima scopriremo le interpreti e le riletture, e…
Questo lavoro, che non ha la pretesa di essere esaustivo, è stato reso possibile grazie al materiale reperito nell’archivio personale della giornalista e critico di danza Carmela Piccione: un breve “excursus” sul balletto Giselle, dalla nascita sino ai nostri giorni, attraverso la voce di celebri protagonisti (poeti, scrittori, coreografi, registi, danzatori, critici, giornalisti, …).
Giselle è il simbolo del balletto classico e romantico, nato nel 1841 da un’idea di Théophile Gautier, scrittore autorevole dell’epoca, nonché critico d’arte; fu proprio lui a scriverne il libretto, insieme al drammaturgo e amico Henri Vernoy de Saint-Georges, ispirandosi alla ballerina Carlotta Grisi, di cui era grande ammiratore.
Giselle debuttò all’Opéra di Parigi il 28 giugno dello stesso anno: coreografia di Jean Coralli e Jules Perrot, musica di Adolphe Adam, primi interpreti Carlotta Grisi e Lucien Petipa, Adèle Dumilatre e M. Simon nel ruolo rispettivamente di Myrtha e Hilarion.
All’inizio Théophile Gautier aveva pensato di tradurre in balletto Fantomes, una poesia di Victor Hugo tratta dalle Orientales, che raccontava di una fanciulla la quale, dopo aver danzato tutta la notte, veniva sorpresa dal freddo, sino al tragico epilogo. All’interno della drammaturgia coreografica di Giselle anche una leggenda austriaca legata alle Willi, fanciulle morte prematuramente prima delle nozze, che per questo danzavano ogni notte al chiaro di luna (leggenda narrata nel romanzo De l’Allemagne dello scrittore Heinrich Heine).
L’idea di Giselle nacque in tre giorni e in poche settimane Adolphe Adam, facendo tesoro delle sue esperienze, tradusse in suono le suggestioni drammaturgiche del libretto di Saint-Georges e le fantasie di Gautier, dando vita a quello che sarebbe stato il suo più grande capolavoro.
Con una scrittura di volta in volta limpida e gioiosa, ingenua e infantile, torbida e funesta, fiabesca e ipnotica, Adam creò le atmosfere vivaci del villaggio tra i boschi della Slesia e quelle cupe del cimitero, riuscendo, con le sue note, a descrivere un turbinio di emozioni: la purezza di una quindicenne innamorata, la gelosia di un ragazzo di paese, le furbizie di un giovane duca, la paura di una madre.
E per questo che Giselle è la vetta compositiva di Adam il cui nome, nonostante il successo di alcune opere successive, resta inevitabilmente e indissolubilmente legato a Giselle.
Giselle riesce a fondere universi contrastanti e apparentemente inconciliabili: in scena, la giovane e ingenua ragazza innamorata, si trasforma in uno spirito luminoso dalle sembianze angeliche, rendendo l’esecuzione dei passi e l’interpretazione estremamente complessi.
Su Giselle Victor Hugo scrisse: “Amava troppo il ballo e questo l’ha uccisa”.
Ma Giselle è uccisa dal tradimento e dal dolore immenso che ne è scaturito, non dalla danza; dolore che nel finale non le impedisce di mantenere in vita Albrecht, proprio danzando un valzer.
La neonata Willi utilizza quello che ancora possiede, la passione, per salvare il suo imperituro ed eterno amore, trasformando il mortifero ballo dei “demoni vendicativi” in una salvifica “danza del ricordo”.
Un’immensa “letteratura” avvolge il mito di Giselle, caposaldo e sintesi del romanticismo coreografico, balletto riconosciuto da Vittoria Ottolenghi come l’“emblema del balletto perfetto” (cfr. V. Ottolenghi, Perché ancora Giselle? Dialogo sul Balletto Perfetto, Editore Compositori, 2007).
Di seguito, alcuni pensieri e suggestioni provenienti da autorevoli voci del mondo della danza.
IL DEBUTTO: PARIGI 20 GIUGNO 1841
“Carlotta Grisi e Petipa, che l’asseconda a perfezione, hanno fatto dell’ultimo atto di Giselle, un vero poema, un’elogia coreografica all’insegna dell’incanto e della tenerezza. I molti, che non pensavano di vedere altro che gambe svettanti ed esercizi sulle punte, sono rimasti assai sorpresi nell’essere annebbiati da una lacrima, e la cosa non accade spesso per i balletti”.
(Thèophile Gautier, La Presse, 1842)
“Giselle andò in scena all’Opéra di Parigi il 28 giugno 1841 ed ebbe un enorme successo che echeggiò nella moda parigina dove si lanciarono un fiore Giselle, una seta Giselle”.
(Fedele D’Amico, Favola e simbolo del balletto romantico, Programma di Sala Teatro dell’Opera di Roma, stagione 1988 – 1989)
“Con una perfezione, una leggerezza, una nitidezza e una casta e delicata sensualità che la pongono ai vertici tra la Essler e la Taglioni – annotò Théophile Gautier dopo la prima – nella sua interpretazione Carlotta Grisi superò ogni aspettativa. Non ci fu neppure un gesto convenzionale, non un falso movimento. Era la personificazione della naturalezza e della semplicità”.
(Bianca De Mario, Giselle, Programma di Sala Teatro alla Scala di Milano, stagione 2008 -2009)
UN BALLETTO PROFETA
“Di tutta la storia del balletto non conosco niente di più perfetto, di più bello, di più grande di Giselle. Apoteosi del balletto romantico, è stato il punto di arrivo delle vie tracciate dal balletto da parecchi secoli di storia. Giselle è anche un balletto precursore, un balletto profeta. Ha additato ad un avvenire lontano”.
(Serge Lifar, Giselle: apothéose du Ballet romantique, tratto da Roberto Messina, Giselle, Arti Grafiche Nobili Sud, 2001)
L’ELOGIO DELLA BONTA’
“Che il balletto abbia sempre seguito le mode dell’opera è noto. D’altro canto, era proprio il teatro cantato che faceva moda e tendenza, così come oggi fanno moda e tendenza il cinema e la televisione. Giselle colse nel modo migliore quel clima di amore, dolore, sogno, morte e espiazione che era di continuo esaltato dalle storie per lo più tragiche del melodramma romantico. A mio avviso il balletto potrebbe avere come sottotitolo ‘L’elogio della bontà’. In effetti la protagonista è il solo personaggio che tiene fede ai buoni sentimenti, in un mondo fatto di inganni e egoismi. Giselle non è vendicativa, come le sue compagne di sventura, le Villi, è l’unica capace di perdonare”.
(Mario Pasi, Programma di Sala, Giselle, Teatro Carlo Felice di Genova, 2000-2001)
L’ESPRESSIVITA’
“Che un balletto sia sopravvissuto trionfalmente a molte vicissitudini del gusto e della moda, è un omaggio sufficiente alla sua popolarità e alla sua grande attrazione. Non c’è un altro balletto che nel breve spazio di due atti offra una così grande possibilità di esprimersi ad una danzatrice”.
(Cyril W. Beaumont, The ballet called Giselle, tratto da Roberto Messina, Giselle, Arti Grafiche Nobili Sud, 2001)
IL MITO
“Questa piccola contadina che, per amore, perde la ragione e che dopo la sua morte ritorna come un’ombra inafferrabile a proteggere colui che ama ha un potere di seduzione che nulla potrebbe alterare. Giselle è diventata un mito, come una commedia di Molière, un dramma di Shakespeare, una sinfonia di Beethoven.”
(Pierre Lacotte, Giselle, le style romantique, tratto da Roberto Messina, Giselle, Arti Grafiche Nobili Sud, 2001)7
DONNE FATALI E NINFE MALIGNE
“Chi è Giselle? Lasciamo stare per un momento la leggerezza dei passi sulle punte, gli arabesques e la grazia del balletto accademico. Nudo e crudo, il succo della storia ci dice che ci sarebbero due mondi, due realtà e due tipi di donne, proprio come ci sono, o ci sarebbero, due modi di sfogliare la margherita. Da un lato Giselle, l’incarnazione eterea di un solo aspetto delle donne, quello che rassicurava il maschio Théophile Gautier e tutti i suoi contemporanei, dall’altro Myrtha e le Willi, fantastica nella sua leggiadra crudeltà. Oltretutto ha avuto in sorte dai coreografi alcune variazioni piuttosto maschili che ne fanno una specie di vampira transessuale ante litteram. Myrtha starebbe benissimo in compagnia di vampire, vamp e donne fatali come Salomé (Wilde), la Belle dame sans merci (Keats), incarnazione di figure antichissime, sirene annegatrici, amazzoni castranti, erinni punitrici, perfide Clitennestre, Medee, ninfe maligne, maghe Circi, baccanti, Diane permalose”. (Carmen Covito, Giselle, ovvero il cavaliere doppio e la morte innamorata, Programma di Sala del Teatro alla Scala, Milano, 1998 -1999)
L’AFFINITA’ CON L’OPERA LIRICA
“Giselle con la sua imperitura storia d’amore, tradimento e redenzione, è senza dubbio il più famoso dei balletti romantici. Oltre un secolo e mezzo dopo la sua prima rappresentazione questo lavoro continua ad affascinare il pubblico grazie alla sua magnifica danza, alla dolce e sensibile protagonista e al contrasto che appare quasi scolpito tra il mondo solare e terrestre del presente e il buio e misterioso mondo degli spiriti, nel quale l’eroina dal cuore infranto si ritrova dopo la morte prematura. Dopo il grande successo e la celebrità raggiunta da Giselle come balletto, a molti osservatori sfugge forse la stretta affinità storica con l’opera lirica. Giselle, infatti, come accadeva a tutti i balletti narrativi o balletti pantomima che venivano creati all’Opéra di Parigi, nell’Ottocento, era tradizionalmente rappresentata in coppia con l’opera. Non c’è dunque da meravigliarsi del fatto che Giselle evidenziasse una certa rassomiglianza con le opere più popolari a Parigi in quello stesso periodo”.
(Marian Smith, Affinità elettive. Giselle e l’opera lirica, Programma di Sala Teatro alla Scala di Milano, 2008-2009)
“GISELLE”, PATRIMONIO DEL REPERTORIO BALLETTISTICO
“Giselle, per me, rappresenta un patrimonio del nostro repertorio ballettistico romantico da conservare assolutamente. Intramontabile anche grazie alla storia narrata, così umana, così moderna. L’eterno triangolo, l’amore non corrisposto, il tradimento, la colpa, il perdono. Solo l’elemento sovrannaturale va oltre il comportamento comune, ma anche questo è connesso alla necessità degli esseri umani di mantenere vivi nella memoria i propri cari. Ciò che mi preme è che la narrazione sia semplice e comprensibile ai ballerini, al pubblico. La verità delle emozioni è la chiave per mantenere in vita questi balletti. Inevitabili le riletture. Per esempio, per ciò che riguarda le Villi, pur nel loro essere implacabile, siano anche creature amorevoli e femminili, attraverso una danza che riveli sfumature di fascino e grazia”.
(Maria Luisa Buzzi, Imperitura Giselle. Colloquio con Patricia Ruanne, Programma di Sala, Teatro dell’Opera di Roma, 2014-2015).
BERTHE, LA MADRE DI GISELLE
“Berthe, la madre di Giselle, riconosce in Loys-Albrecht una certa finezza di carattere, nonostante i tentativi di mascheramento della sua nobiltà. E’ un’idea che deriva da alcune interpretazioni critiche del libretto originario per le quali esiste un sotto testo relativo alla pratica comune dello jus primae noctis. Si tratta di una premessa interessante che spiega l’istintiva mancanza di fiducia di Berthe nei confronti di Loys-Albrecht. Dettagli che il pubblico può cogliere. C’è una brevissima scena di conversazione in cui si rivela la familiarità tra il duca di Curlandia e Berthe. I ballerini apprezzano questo sotto testo, di per sé un valore perché sentono di aver una storia precedente agli eventi che si svolgono in scena”.
(Maria Luisa Buzzi, Imperitura Giselle. Colloquio con Patricia Ruanne, Programma di Sala, Teatro dell’Opera di Roma, stagione 2014-2015).