C’è forse qualcosa di più intramontabile della storia di Giselle?
Terzo appuntamento con la rubrica bisettimanale dedicata a Giselle. Questa volta Maria Luisa Buzzi ci parla del perché Giselle sia intramontabile e del suo romanticismo, drammaticamente realistico…
Ci si domanda spesso per quale motivo ancora oggi in un mondo globalizzato e tecnologico il tema dell’amante soprannaturale, ovvero delle nozze di un essere mortale con un essere ‘altro’, continui ad affascinare. Una possibile risposta potrebbe essere che leggende, miti, favole combattono per il bene e quasi sempre vincono la sfida più grande: la lotta con la finitezza della vita terrena. Esempio ne è l’imperitura riproposizione dei grandi titoli del repertorio ballettistico ottocentesco – La Sylphide, Giselle, Il Lago dei cigni – con le loro Silfidi, Villi e Cigni magici. Così Giselle, dal 1841, anno del suo debutto, passata già da un manicomio con il geniale coreografo svedese Mats Ek; così Odette/Odile divenuta maschio in riva a un Lago in cui stormi di pennuti aggressivi si schiarano a difendere l’amore omosessuale di un principe nello Swan Lake di Matthew Bourne. Un destino di immortalità presto spiegato. Ma probabilmente l’attualità del libretto di Giselle si deve anche ad altro. La protagonista pur rispecchiando pienamente l’immagine di femminilità romantica che, ammettiamolo, piace ancora molto (altrimenti non ci si sposerebbe promettendosi amore eterno), mostra anche sfaccettature nuove per l’epoca.
Pur sognando l’amore eterno, Giselle è una donna che agisce, che si esprime con il corpo, che vive pienamente, che viene tradita, come accade nella realtà di tutti i giorni, e che riesce persino a perdonare. Albrecht dal canto suo, è l’eterno seduttore, giocherellone e immaturo, a cui il gioco sfugge di mano: un baldanzoso giovanotto che scopre di essersi innamorato della bella popolana solo nel momento in cui la perde; del resto lui, aristocratico, alla festa contadina ci è arrivato per caso dopo una battuta di caccia. Così quando alla festa si palesa la fidanzata vera, aristocratica come lui, con gesti pantomimici assai efficaci si giustifica: “…no cara, sono passato di qui per caso, a ballare un po’…sarei tornato a casa presto”. C’è forse qualcosa di non attuale in questa scena e in quella che segue in cui Giselle, realizzato il tradimento, prova a rivivere il recente passato al rallentatore e progressivamente in lei monta la rabbia e lo struggimento?
Più legato agli ideali di bellezza, spiritualità e al tema del notturno cari al romanticismo letterario il secondo atto, eppure anche qui si muovono e si scatenano archetipi dell’umano che portano il pubblico all’immedesimazione e alla partecipazione. Myrtha la regina delle Villi, chiama a raccolta tutte le ombre delle fanciulle morte per amore per accogliere la nuova compagna. Giselle, resuscitata dalla tomba, entra nel gruppo, ma grazie alla sua forte personalità e al suo spirito libero non si omologherà alla vendetta delle anime perdute. Quando giunge Albrecht, Giselle spinta dall’amore cristiano e dal perdono, lo protegge e lo sprona a vincere la maledizione delle Villi. Albrecht si salverà danzando fino all’alba, ma rimarrà solo, a piangere con il suo dolore.
Maria Luisa Buzzi